Costruire un tempio, emblema della perennità, in forma di tenda è un gesto incauto, come quello dei due porcellini, frettolosi di costruirsi in poco tempo un riparo, per potersi poi dedicare allo svago. Franco Raggi ha sempre giocato consapevolmente con l’instabilità delle cose, che nascono col desiderio di essere perenni, in un mondo che invece è per sua natura effimero e transitorio. La Tenda Rossa, suo manifesto programmatico, è qui presentata nella sua versione da interno, come lampada da tavolo. L’allestimento è figlio dei primi due anni di indagine della collezione di Palazzo Bentivoglio all’interno di questo spazio, e di come il pubblico fruisce la vetrina. I passanti incrociano garage BENTIVOGLIO sulla loro destra, e così il loro orizzonte visivo incrocia subito l’angolo in basso a sinistra. Molti degli allestimenti si sono sviluppati a partire da questo angolo, e poi spesso sulla diagonale verso l’angolo opposto, creando così un movimento circolare nello sguardo. La potenza visiva della diagonale è da sempre un elemento costitutivo della storia delle immagini, per un’architetto è l’ombra canonica dei disegni planovolumetrici, ed è stata sicuramente centrale in alcune mie sperimentazioni. L’efficacia della sua dirompente potenza mi è saltata agli occhi in contesto completamente avulso a quello artistico, nel cambio di fronte che negli ultimi anni ha caratterizzato il gioco dell’Inter di Simone Inzaghi e che è passato spesso dai piedi di Federico Dimarco. “Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio”, è la massima quasi laconica che Manuel Sérgio pare abbia detto a un giovane José Mourinho. Può essere parafrasata all’occorrenza e invita sicuramente chiunque a porsi con uno sguardo laterale verso la sua disciplina, guardandola da altri punti di vista e coglierne nuove inaspettate prospettive. Per fare come Dimarco, cambiare il fronte, e mandare a rete Lautaro.