Molti degli oggetti e delle opere contenute nelle sale di Palazzo Bentivoglio, pur non condividendo i luoghi e i tempi di creazione, condividono spesso le tecniche realizzative. Un quadro di ambito emiliano del Seicento poco differisce nella sua produzione da un quadro irlandese contemporaneo; sono cambiati i pigmenti, che hanno liberato l’artista dalla produzione degli stessi, ma non è cambiato il modo di eseguire l’opera. La rivoluzione industriale ha velocizzato la produzione dei mobili, ma spesso non ha inciso in maniera significativa sui modi di assemblaggio. Le superfici di un'armadiatura di Morozzi sono la normale evoluzione dell’impiallacciatura di una commode settecentesca: con una serie di specchi si nobilita, e si nasconde, una normale struttura in alluminio e inox. \n Le sedute della serie Up, disegnate da Gaetano Pesce alla fine degli anni '60, sono un esempio emblematico dell’evoluzione dei metodi produttivi nella storia del design. Tutto è reso possibile dall’incontro tra Piero Ambrogio Busnelli e Cesare Cassina, entrambi già attivi con le rispettive aziende nel campo degli imbottiti; Busnelli è interessato da qualche anno alle possibilità applicative del poliuretano, un polimero oramai commercializzato in maniera estensiva; Cassina invece vuole sperimentare nuovi metodi produttivi, e quindi nuove forme, all’interno di un mercato che comincia a saturarsi. \n Pesce disegna così per la neonata C&B, dal nome dei due fondatori, sei differenti modelli di ispirazione organica, mentre l’ultimo è di chiara ispirazione classica, ricordando un colossale piede marmoreo di una perduta statua imperiale. Se all’occhio assomigliano così a elementi scultorei ottenuti per via di levare, in realtà il metodo produttivo è per via di porre, per iniezione a freddo. \n Questa combinazione tecnologia-design è paradigmatica dell’Italia degli anni ’60; in primis Kartell, dove il binomio lavorativo e sentimentale tra il chimico Castelli e la designer Ferrieri porta la plastica al centro del discorso sull’arredamento. Oppure Gufram, dove la direzione artistica di Giuseppe Raimondi riunisce in una piccola azienda piemontese una nuova generazione di designer e artisti. La sintesi di questa storia è la celebrata mostra “Italy: The New Domestic Landscape”, curata da Emilio Ambasz e allestita al MOMA nel 1972, che se nelle intenzioni avrebbe dovuto prefigurare nuovi mondi, ne ha invece rappresentato l’amara conclusione. Le crisi energetiche degli anni Settanta e le spinte neoliberiste degli anni ’80 cambieranno radicalmente i modi di abitare e, quindi, di pensare il design.